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Biden 2020: nuovo presidente, nuovo scenario geopolitico mondiale?

DI ANTONIO CARELLO

19/11/2020

La vittoria del candidato democratico in queste elezioni concitate sembra aver fatto tirare un sospiro di sollievo al resto del mondo, che ormai guardava a Trump con scarsa fiducia. All’indomani del discorso della vittoria di Joe Biden, le borse mondiali apparivano già galvanizzate dall’approdo del nuovo Presidente alla Casa Bianca, ma soprattutto dal conseguente addio di Donald Trump. Se
la finanza globale sembra aver ritrovato fiducia negli Stati Uniti, quali sono invece le conseguenze politiche di quella che il Washington Times chiama “l’elezione del secolo”?

Con Joe Biden alla Casa Bianca, i cambiamenti nella politica estera statunitense inizierebbero già dai propri confini: il nuovo Presidente ha infatti sostenuto di voler stringere patti con Canada e Messico che consistano nell’impiego di avanzate tecnologie alle frontiere, in modo da porre fine a violazioni dei diritti umani come la separazione dei bambini dai propri nuclei familiari e la loro detenzione in carceri for-profit. Ma come sarà stata accolta la sua elezione oltreoceano?


Europa: ritorno alla cooperazione?
Donald Trump nel suo mandato ha lodato leader autoritari e fortemente criticato le organizzazioni internazionali e i loro Stati membri. Pur mantenendo l’impegno nella NATO, il tycoon ha definito “obsoleto” il Patto Atlantico e ha criticato lo sbilanciato “burden sharing” che caratterizza le spese per la difesa militare. Diffondendo il mantra “America first”, l’ex Presidente ha sostenuto che sarebbe stato necessario indirizzare quelle
ingenti risorse verso l’interno e non più verso alleati “freerider”. Ciò ha portato molti presidenti europei (Macron su tutti) a pensare ad un esercito europeo, indipendente dalle forze statunitensi. Biden intende invece, rilanciare il patto transatlantico e riparare il legame coi propri alleati europei, nonostante l’evoluzione delle necessità di Stati Uniti ed Europa sia evidente e prescinda dal partito che occupa la Casa Bianca.


Russia: tra gelo diplomatico e nucleare
Joe Biden da vicepresidente fu uno dei massimi fautori delle sanzioni contro il Cremlino dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014 e, durante la campagna elettorale, ha definito Putin un “teppista del KGB” e Trump come il suo “cagnolino”. Nonostante avesse mantenuto quelle sanzioni, il tycoon infatti non ha mai nascosto la sua ammirazione per Putin e ha sostenuto che migliorare le relazioni con la Russia avrebbe giovato a tutti. Putin, dal canto suo, non ha ancora riconosciuto la vittoria del candidato democratico, poiché sarebbe “in attesa dell’ufficialità”. L’elezione di Biden, dunque, non sembra possa facilitare i rapporti tra le due nazioni e avviene proprio in un momento cruciale, a causa dell’imminente scadenza del New START, il trattato sulla riduzione delle armi nucleari tra i due Paesi.


Cina: amici mai
Secondo molti esperti, le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono ai minimi storici. I dazi e il braccio di ferro commerciale, il boicottaggio tecnologico e le dispute geopolitiche riguardanti Hong Kong, Taiwan e il Mar Cinese del Sud hanno portato a un raffreddamento nei rapporti. Come se non bastasse, ricordiamo le accuse di Donald Trump nei confronti del governo cinese di aver infettato il mondo attraverso il COVID-19, lasciandosi andare in dichiarazioni razziste. Nonostante da vicepresidente contribuì a un miglioramento delle relazioni tra i due Paesi, Joe Biden non è sembrato comunque propenso a un’alleanza col gigante asiatico. Pur mantenendosi distante dalle dichiarazioni di Trump, il democratico durante la campagna elettorale ha descritto la Cina in modo del tutto negativo e definito il suo presidente Xi Jinping “criminale”. Biden, insomma, continuerà la politica di contenimento economico verso la Cina, ma col supporto dei propri alleati, differenziandosi da Trump che preferiva accordi esclusivi tra le due superpotenze.


Medio Oriente: un approccio più responsabile?
Biden ha giurato di ribaltare il ripudio di Trump verso gli accordi sul nucleare, stipulati con l’Iran nel 2015, e il conseguente inasprimento delle sanzioni. L’esponente dei Democratici ha sostenuto che la succitata politica di pressioni ha fallito, portando solo a un maggior armamento iraniano e ad un’escalation di tensione. Queste decisioni non hanno di certo rallegrato Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano e acerrimo nemico dell’Iran. Non a caso “Bibi”, dopo il risultato delle elezioni americane, ha ringraziato l’ex presidente per l’amicizia e il lavoro svolto. A Trump infatti, si deve in primo luogo l’avvicinamento di Israele ad alcuni Paesi del Golfo, in secondo luogo una proposta di pace tra lo Stato ebraico e la Palestina nettamente sbilanciata verso il primo dei due Paesi, ed infine, la storica quanto controversa decisione di trasferire l’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme. Biden, dal canto suo, ha criticato gli insediamenti illegali dei coloni israeliani in West Bank e intende dialogare con la leadership palestinese, per “riaprire alla democrazia”. Tuttavia, la nuova presidenza non ridurrà l’appoggio allo Stato ebraico, di cui è un grande alleato da sempre. Così come Israele, un altro alleato mediorientale degli USA saluterà a malincuore Trump: l’Arabia Saudita. Lo Stato arabo considerò una minaccia l’accordo sul nucleare stipulato con l’Iran da Obama-Biden e apprezzò la decisione di Trump di uscirne. Il tycoon, inoltre, non chiese mai spiegazioni ai Sauditi riguardo all’uccisione del giornalista Khashoggi, motivo per cui fu fortemente biasimato da Biden. Quest’ultimo intende inoltre ritirare l’alleanza coi Sauditi in Yemen: l’eccessivo numero di vittime civili ha provocato una forte reazione dell’ala più progressista e di molti legislatori del Congresso. Tuttavia, come Israele, l’Arabia Saudita è e rimarrà l’alleato più stabile degli USA nell’area, complici anche gli accordi sul petrolio e il fatto che i Sauditi siano i principali compratori di armi americane.

Tra le prime azioni annunciate da Biden, vi è il ritorno americano all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tacciata dal suo predecessore di essere serva del governo cinese. Inoltre, a un anno di distanza dal ritiro ufficiale dall’Accordo di Parigi, compiuto da Trump perché “protegge chi inquina, costa troppo e fa male agli Americani”, Biden ha annunciato che il Paese sottoscriverà nuovamente l’accordo e si impegnerà a combattere il riscaldamento globale. Più in generale, ciò che ci si aspetta dal nuovo Presidente è il ribaltamento di molte azioni intraprese da Trump, che hanno inevitabilmente comportato una perdita di credibilità degli Stati Uniti a livello globale. La sfida di Biden sarà sradicare le politiche di Trump, nonostante siano ancora largamente apprezzate all’interno del territorio americano. La speranza di noi osservatori è, invece, quella di essere ritornati semplicemente alla normalità.

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