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Essay Competition. Il cambiamento climatico sta cambiando il volto dei negoziati sui diritti umani?

DI CARMELA LOPEZ

06/04/2021

Il cambiamento climatico rinforza le disuguaglianze. Una tendenza che sembra stare affermandosi è quella di trattare tali problematiche anche in fora internazionali non strettamente legati al clima o all’ambiente, ma tipicamente concentrati sui diritti umani.

Santos Rìoz Carranza ha 35 anni, è una donna peruviana che vive a Lima da tempo, e negli ultimi  anni ha avuto serie difficoltà ad assicurare un sufficiente approvvigionamento idrico a se stessa e alla  sua famiglia (Ziegler, Morales Tovar, 2020). Sheila Watt-Cloutier è una inuit che ha dovuto assistere allo spostamento di intere abitazioni nella sua regione a Nunavik, in Salluit, in quanto queste stavano  progressivamente collassando a causa del permafrost (Shah, 2019). Joyce Tan, attivista e avvocatessa Filippina, viene da un paese in cui il negazionismo climatico non esiste, perché la popolazione sta già  sperimentando gli effetti dei disastri naturali sempre più frequenti (Amnesty International, 2020). Cos’hanno in comune tre persone in tre diversi angoli del mondo? Tutte e tre vivono in luoghi in cui  il cambiamento climatico le ha poste in una condizione di crescente pericolo, instabilità e precarietà.  Non si tratta di casi isolati: il cambiamento climatico rinforza le disuguaglianze, non solo nei paesi  in via di sviluppo, ma anche in quelli maggiormente industrializzati. (Banos Ruiz, 2019).  Naturalmente, tali fenomeni di portata globale sono esaminati e discussi a livello multilaterale; in  particolare, una tendenza che sembra stare affermandosi è quella di trattare problematiche concernenti il cambiamento climatico anche in fora internazionali non strettamente legati al clima o all’ambiente,  ma tipicamente concentrati sui diritti umani. Questa evoluzione, già evidenziata da alcuni studiosi  (Auz, 2018), porta a considerare come le Conferenze delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,  note anche come COP, (United Nations Climate Change, n.d.) non siano gli unici luoghi di  discussione di tali problematiche. In virtù di questo fenomeno è dunque possibile chiedersi: il  cambiamento climatico sta cambiando il volto dei negoziati sui diritti umani? Nello specifico, alcuni recenti eventi e processi sembrano supportare tale ipotesi.


Le violazioni dei diritti dei difensori dell’ambiente

I popoli indigeni sono tra i più esposti esposti alle conseguenze dirette del cambiamento climatico, a  causa della loro dipendenza dalle risorse naturali e dello stretto rapporto con l’ecosistema che abitano; il cambiamento climatico, inoltre, tende ad aggravare alcune delle problematiche che queste  popolazioni affrontano, fra cui la perdita di risorse e di terre, la discriminazione, e l’esclusione dai  processi decisionali. (United Nations Department of Economic and Social Affairs, n.d.). Alla luce di  tali considerazioni, è dunque comprensibile che queste comunità siano spesso impegnate nella  protezione ambientale e nella lotta al cambiamento climatico, e si scontrino frequentemente con interessi economici e industriali, cosa che le porta a diventare il bersaglio di violenze e soprusi. (Peace  Brigades International, n.d.). Il fenomeno è noto da anni: già nel 2016, il Global Witness stimava che

durante l’anno, ben 200 omicidi di difensori dell’ambiente avessero avuto luogo in 24 paesi,  specificando che il 40% degli attivisti assassinati erano indigeni (Orellana, 2018): gli attivisti  ritengono che forze politiche o interessi economici motivino tali attacchi, ma gli arresti e le  identificazioni sono ancora esigui (Orellana, 2018). Tale fenomeno sta assumendo rilevanza e  visibilità anche nel contesto multilaterale – per esempio, la comunità della conservazione ambientale

sta cominciando ad auspicare la protezione dei difensori dell’ambiente: in particolare, l’Unione  Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) si sta concentrando sul tema attraverso una  risoluzione in occasione del World Conservation Congress (IUCN, 2021). Inoltre, nei primi mesi del  2021, l’Accordo di Escazù entrerà in atto, e rappresenterà un’importante novità a livello  internazionale; va ricordato che l’accordo, negoziato nel 2018 a Escazù, in Costa Rica, fu  fondamentale anche perché vide il coinvolgimento della società civile così come di esperti dei diritti  umani nel processo decisionale (Ali, 2021). Esso garantisce il diritto di accedere alle informazioni  ambientali e di partecipare alle decisioni di carattere ambientale; in aggiunta, l’Accordo prevede una  serie di obblighi a cui gli Stati devono adempiere, e che sono fondamentali per la tutela dei difensori  dell’ambiente, come per esempio anche l’istituzione di linee guida su misure appropriate ed efficaci  per garantire la loro sicurezza (Ali, 2021).


Un nuovo diritto fondamentale: il diritto a un ambiente sano

Inoltre, continua ad emergere il dibattito intorno all’istituzione del Diritto universale a un ambiente  sano. (Universal rights group, n.d.). La Dichiarazione universale dei diritti umani non prevede il  diritto a un ambiente sano, fondamentalmente per via di una questione cronologica – è stata infatti  redatta prima che la tematica del cambiamento climatico diventasse presente nel dibattito pubblico

(Universal rights group, n.d.). Tuttavia, secondo lo Universal rights group (n.d.), negli ultimi anni ci  sono stati una riflessione e un impegno crescenti, a livello internazionale e non solo, a riguardo di tale  problematica, tant’è che ormai diverse costituzioni nazionali riconoscono questo diritto. Per quanto  concerne le Nazioni Unite, il primo Relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani e  l'ambiente, John Knox, ha concluso il suo mandato chiedendo agli Stati di riconoscere il diritto  all'ambiente a livello internazionale; da allora questo appello è stato sostenuto dall’Alto Commissario  per i diritti umani. (Universal Rights Group, n.d.). Nel 2019 è stato pubblicato l’Environmental Rule  of Law First Global Report del Programma ambientale delle Nazioni Unite, la prima valutazione  globale in assoluto dello stato di diritto ambientale (UNEP, 2019): a margine di tale pubblicazione, il  nuovo Relatore, David Boyd, ha affermato: “a meno che non sia rafforzato lo stato di diritto ambientale, anche le regole apparentemente più rigorose sono destinate a fallire e il diritto umano  fondamentale a un ambiente sano non sarà realizzato”. (Rinnovabili.it, 2019)

Inoltre, in una nota presentata nel caso Norwegian Artic Oil, il Relatore speciale delle Nazioni Unite  sui diritti umani e l'ambiente, e il Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle sostanze pericolose e i  rifiuti, Marcos A. Orellana, in qualità di amici curiae, sono intervenuti affermando “il diritto a un  ambiente sano conferisce potere ai cittadini e alla società civile, rafforzando il processo decisionale  democratico e promuovendo la responsabilità politica. L'accesso alla giustizia è di per sé un diritto  umano fondamentale, anche nel contesto dei danni ambientali " (Politi, 2020). A livello globale, il  numero di contenziosi in tale ambito è in aumento (Politi, 2020).

Come evidenzia l’UNEP (2019), insieme a Boyd, diversi sono gli attori e le organizzazioni che hanno  esaminato gli obblighi in materia di diritti umani relativi al cambiamento climatico, e queste  riflessioni evidenziano sia che il cambiamento climatico e il suo impatto minacciano i diritti umani, sia che il settore pubblico e quello privato hanno entrambi obblighi e responsabilità in questo senso.

Naturalmente, la riflessione intorno all’impatto del cambiamento climatico sulle strutture sociali ed  economiche e le disuguaglianze non è rappresentata esclusivamente dai processi precedentemente  menzionati. Sarà interessante comprendere lo sviluppo di tale tematica, che evidenzia come il  cambiamento climatico stia diventando sempre più un tema trasversale; ancora più interessante sarà  scoprire se questo sviluppo consentirà a Rìoz Carranza di avere, un giorno, acqua a sufficienza per se  stessa e la sua famiglia.



Bibliografia

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