Sete di conoscenza e
“Serendipity”, due chiavi di
volta per comprendere il
nostro mondo
DI AGNESE ZOPPELLI
30/11/2020
Da poco entrati nell’autunno 2020, ignari o quasi, di quello che il futuro aveva in serbo per tutti noi, i ragazzi dell’Hikma Team hanno realizzato uno dei loro obiettivi. Stiamo parlando dell’Hikma Summit of International Relations 2020. Per sapere cosa hanno in comune la continua sete di conoscenza, l’appagamento professionale e la curiosità verso una delle nazioni più influenti al mondo, vi lasciamo alla lettura di questo articolo che riporta due delle interviste fatte durante HSIR2020, ospiti Mario Del Pero e Nathalie Van Raemdonck.
È stato in una di quelle infinite giornate di Marzo, nelle quali non si faceva altro che vagabondare su YouTube, che mi sono imbattuta in un programma dal titolo interessante, Mappa Mundi, promosso dal quotidiano “la Repubblica”, conduttore Alfonso Desiderio. Mesi dopo questo errare, mi si è presentata l’occasione di poter intervistare Mario Del Pero, Professore di Storia Internazionale e Storia della politica estera statunitense presso l’Istitut d’etudes politiques SciencesPo, a Parigi. A quel punto, le domande sono uscite da sole. La puntata ispiratrice riportava il seguente titolo: “Economicismo e potere del mito. Le guerre si fanno per il petrolio?” Ospite Dario fabbri, autore dell’articolo:” La temporanea illusione dell’economicismo”(Limes) che ha dato origine alla puntata.
Italia, Germania, Giappone, Canada ed altri, non accomunati dalla natura geografica, dalla cultura occidentale, ma dal fatto di essere paesi detti “Econimicisti” che fanno dell’economia il loro vivere e la loro realizzazione. Questo è quello che si vuole credere anche dell’America, ma si potrebbe cadere in errore. Gli Stati Uniti non sono una nazione economicista, l’ottica dominante si basa sull’elaborazione di strategie e conquiste territoriali. La guerra è il fondamento per queste Nazioni, in cui comprendiamo anche Russia e Cina. Basti fare un esempio semplicissimo riguardo al ruolo spettante agli immigrati. Nel primo caso vengono usati come forza lavoro per mandare avanti il paese. Nel secondo come mezzo per fare la guerra, essendo giovani e sufficientemente agguerriti. Si può quindi definire l’America potenza non economicista, molto più concentrata sul fronte guerra che impegnata in altre questioni?
Quando gli ho rivolto la domanda, il Professore Mario del Pero ha risposto così:
“In America, da sempre, vanno a braccetto l’aspetto economico con quello militare. Si parla di militarizzazione della politica, la quale era stata interrotta dopo la guerra in Vietnam e ripresa a seguito di quella in Golfo. Così come la politica, anche la cultura e la società americana sono vittime o meno di una iper militarizzazione. Concluderei dicendo che le due posizioni non sono contrapposte, ma stanno insieme. “
Soffermiamoci ora, sull’aspetto che ha reso la politica e la cultura americana iper militarizzata. L’essere l’Egemone Mondiale ha confinato il resto del mondo ad occuparsi di una singola sfera d’azione, ovvero l’economia e la sussistenza, questo ha permesso all’America di progettare e portare avanti strategie militari senza destare troppi sospetti. Gli altri stati, mossi come pedine, hanno creduto che fosse il benessere a rendere ricco e potente un paese e invece, non e così. Dopo gli avvenimenti degli ultimi anni, il Presidente uscente che non gode di buona fama, la crisi sanitaria e finanziaria, l’America sta perdendo il suo ruolo. Ma effettivamente, lo ha mai desiderato?
“Professor Del Pero cosa ci può dire a riguardo?”
“In primo luogo, l’America si è sempre mossa sulla base del concetto di missione, in secondo luogo, il contesto di riferimento, dunque la seconda guerra mondiale, ha sancito ormai quello che era già chiaro a tutti. Nello stato però c’è tensione tra due frange. Una interventista e l’altra appartenente alla sfera pubblica moderata. La prima contenta del ruolo attribuito e conquistato dall’America, la seconda riluttante all’assunzione degli oneri globali, essendo priva di interessi nel farlo e non ottenendone nulla. I costi dell’interventismo derivante sono difficilmente sostenibili ed altissimi”
A questo punto come fare a districarsi nella fitta rete di informazioni senza cadere in fake news o trappole, senza credere di conoscere quando non è così? Ne abbiamo parlato con la seconda ospite intervistata Nathalie Van Raemdonck, analista associata a EUISS, The European Institute for Sicurity Studies.
Lei stessa ha riferito:
“ Non bisogna avere paura di non conoscere o non sapere, nessuno sa tutto. Sono la prima che quando non capisce qualcosa digita su Google e si
informa, ricerco, vado nel profondo delle questione e lo stesso consiglio lo do anche a voi.
Per concludere, le ultime domande rivolte agli intervistati sono nate più che altro dalla curiosità. Credo che avvicinarsi ad esperti attraverso domande non più accademiche, ma di carattere personale, sia il modo migliore per potersi sentire più vicini a questo mondo che al momento ci fa sentire confusi e bisognosi di voci amiche che ci diano speranza di realizzazione.
A Mario Del Pero:
“Come nasce la passione per la cultura e la storia americana, qual è l’aspetto che più l’affascina? “
“Sono nato in Italia negli anni 70, momento in cui l’America entra prepotentemente nella cultura e nel mercato del nostro paese con ad esempio lo sport e le prime serie tv. Questo sicuramente mi ha fatto avvicinare al “nuovo mondo”. Inoltre, le esperienze all’estero, un anno di liceo via da casa, il percorso di studi intrapreso successivamente hanno dato una ulteriore spinta alla mia curiosità. Infine, sicuramente una buona dose di scelte affidate al caso e al destino. In una sola parola posso parlare di “Serendipity”, ovvero l’occasione di fare felici scoperte per puro caso, diciamo che questo ha influito nel mio percorso”.
A Nathalie Van Raemdonck :
“Il suo lavoro è molto interessante, ma quale è la parte più gratificante e appagante per lei? “
“Posso dire con assoluta certezza che l’aspetto migliore del mio lavoro è la continua ricerca di informazioni, il ricercare le cause, l’investigare, il collaborare con altri attori e settori internazionali. Le diverse organizzazioni che vengono ad affiancarci formano connessioni e da queste ne derivano altre in un intreccio continuo. Lo scambio di informazioni, quello che ne deriva, questo è un genere di conoscenza che non si impara dai libri. “