top of page

Trappola dello sviluppo regionale: le radici dell'euroscetticismo

di SIMONE BELLETTI

10/02/2025

Trappola dello sviluppo regionale e sentimento euroscettico sono oggi più legati che mai, figli di un progetto europeo che dimostra poca credibilità e fatica a imporsi come matrice di speranza nell’animo dei suoi cittadini.
Il dinamismo economico è in stallo, e trovare una nuova armonia dello sviluppo europeo appare sempre più un lontano miraggio.

SVILUPPO REGIONALE “IN TRAPPOLA”

L’Unione Europea mira, per definizione, a condividere risorse e promuovere la coesione sociale: i maggiori europeisti parlano di uno “scopo nobile dal costo importante”, uno scoglio democratico difficile da superare.

La trappola dello sviluppo regionale, accuratamente nascosta, bussa alle porte dell’Europa: le regioni europee, vittime di un mancato rinnovamento sociale e produttivo, sono talvolta incapaci di stimolare il proprio dinamismo economico.

Si tratta di un concetto nato per descrivere la stagnazione economica di paesi a basso reddito, bloccati nel vortice dell’inefficienza di mercato, che aumenta ragionevolmente il divario fra i “motori d’Europa” (quali Germania e Francia) e paesi ancora alla ricerca di una completa stabilità monetaria (primi fra tutti i paesi dell’est) che portano ancora il peso dell’eredità sovietica. I residenti in tali aree sono, ormai da tempo, bloccati in una stagnazione che ne congela gli indici di prosperità e cancella qualsiasi forma di speranza nell’integrazione europea: parliamo di un sentimento euroscettico che si sta propagando alla massima velocità anche verso gli stessi paesi fondatori dell’Unione.

Promuovere uno sviluppo armonioso per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale all’insieme dell’Unione (art. 174 Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea): queste parole intendono essere motrici di un cambiamento radicale nel pensiero comune, ma la sfiducia verso l’Europa ne impedisce la concreta applicazione.

Ma come si intreccia il filo rosso che collega la trappola dello sviluppo regionale all’euroscetticismo?


FONDAMENTI DELL’EUROSCETTICISMO

L’euroscetticismo è il risultato del malcontento a lungo termine prodotto dalla trappola, affermano gli analisti di politica internazionale: il forte messaggio promosso dall’Unione Europea necessita di un’applicazione concreta delle politiche di coesione, modellabile in base alle esigenze sociali e adattabile in funzione dell’evoluzione del mercato.

Gli euroscettici muovono una critica diretta alle istituzioni europee: si tratta di una branca dello spettro politico dell’Unione che aleggia indisturbata, punzecchiando la solidità del sentimento europeista ogni volta che se ne presenta l’occasione. L’euroscetticismo più forte è l’incarnazione dei principi di realismo sociale che guardano all’Europa come a un mero disegno dei potenti, un pericolo per la libera amministrazione degli stati. Sarebbe, in altre parole, una gabbia che intrappola i cittadini del continente, succubi di politiche di cooperazione che non considerano i singoli bisogni: l’Europa, e i suoi residenti, sarebbero, secondo il Rapporto di Coesione (prospettiva 2050) della Commissione Europea, intrappolati nel tunnel di una produttività fallace.

Tali convinzioni troverebbero forza nella “teoria dell’abbandono”: i cittadini europei percepiscono la lontananza delle istituzioni, concepite come un’élite oligarchica intoccabile, pronta a fare i propri interessi, piuttosto che concentrarsi sul risanamento dei sistemi fragili. In aggiunta a ciò, il realismo euroscettico grida all’impossibilità di trovare consensi unanimi, sottolineando la difficoltà di redigere e approvare politiche di coesione che incontrino perfettamente i bisogni di paesi dal passato storico opposto.

Gli euroscettici criticano un’Europa “ a due velocità”, mettendo in luce un voltafaccia pirandelliano che gli permette di mascherare la sua inefficienza: l’Unione si rifugerebbe nelle parole trionfanti di “Pace, sviluppo, coesione e prosperità”, fondamenti mai raggiunti e irrealizzabili nel breve termine, illudendo i suoi elettori di avere ancora spiragli di successo.

In ragione di ciò, la trappola dello sviluppo regionale si presenta come il perfetto espediente per alimentare il sentimento euroscettico, dando spazio a lamentele legate allo sviluppo dei sistemi primari (quali agricoltura, sanità e sviluppo economico), che impediscono di creare un sistema sociale solido e duraturo.

Dati statistici affermano che la tendenza all’euroscetticismo sia, nella maggior parte dei casi, frutto di una larga disinformazione riguardo alle politiche di coesione dell’Unione; in altri casi, la stampa internazionale parla di “egoismo nazionalista”, riferendosi al forte bisogno di valorizzare gli interessi strettamente legati ad una singola nazione, piuttosto che sforzarsi di inserirlo all’interno del panorama europeo.


ASCESA DELLE ESTREME DESTRE

Le elezioni europee del 2024 ci mostrano come, dati alla mano, l’euroscetticismo sia ai massimi storici: l’epidemia di Covid19, causa di una stagnazione pandemica che ha colpito i settori lavorativi implicati nell’interazione dal vivo, ha smascherato le falle nel sistema di coesione sanitaria dell’Unione. I paesi membri hanno reagito in modo diverso alla pandemia, ma tutti sono fossilizzati sull’idea di una gestione terribile dell’emergenza: la più grande delusione sarebbe stata, alla luce dei recenti sondaggi, vedere l’Europa impreparata di fronte a un susseguirsi di eventi (per quanto possibile) prevedibili.

L’opinione pubblica si è spaccata, e l’Europa politica non è restata a guardare: l’ascesa di partiti radicalmente euroscettici non ha tardato ad imporsi.

Alternativa per la Germania (AFD), partito di estrema destra tedesco, si oppone aspramente alla burocrazia centralizzata dell’Unione Europea, giudicata come limitante per la crescita della Germania: nel 2024, AFD ha toccato il picco dei suoi consensi, e i dati mostrano una strada spianata verso la guida del paese. Soprannominato “il partito dei professori”, esso è espressione del ceto medio-alto della società tedesca, una classe di studiosi che usa le proprie competenze accademiche per trovare i difetti più evidenti del sistema Europa.

Esso vede nell’Unione una reale minaccia economica per il paese: sin dagli albori, il partito si dichiara contrario alla moneta unica europea, vista come lo scoglio del sovranismo tedesco. AFD cerca, in qualche modo, di nascondere la sua radice euroscettica, professandosi forza nazionalconservatrice a tutto tondo, un’incarnazione di ideali a favore della grandezza tedesca.

In Francia, Marine Le Pen, esponente di spicco di Rassemblement National (partito di estrema destra), afferma: “Sono profondamente euroscettica”. L’istituto francese INA sottolinea come il partito non sia dichiaratamente contro l’idea di Europa, e fa dunque chiarezza sulla contrarietà mostrata verso il funzionamento attuale dell’Unione. In linea con AFD, RN critica la debolezza del concetto di sovranità del singolo stato membro, minacciata da politiche di coesione che alimentano, secondo il partito, il dissenso nazionalista del paese.

Reform UK, in precedenza The Brexit Party, ci fornisce l’esempio più immediato di euroscetticismo vincente.

Winston Churchill, nel 1946, argomentò l’idea di “una sorta di Stati Uniti d’Europa” guidati da Francia e Germania: nonostante ciò, la Gran Bretagna avrebbe dovuto tenersi fuori da tali ambizioni europee, essendo all’epoca ancora la grande potenza imperiale che la storia ricorda. L’Unione Europea sarebbe servita, agli occhi di Churchill e dei suoi sostenitori, a portare una pace perpetua su un continente lacerato dalla guerra che, unita all’ambizione di creare un mercato unico, avrebbe allontanato qualsiasi forma di tensione economica su scala internazionale.

Ancora una volta, la prospettiva di “sovranità limitata” spaventava enormemente il governo britannico, tanto da spaccare l’opinione pubblica su una possibile adesione futura alla Comunità Economica Europea. Tali sentimenti filo-sovranisti si sono concretizzati nell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, avvenuta dopo il referendum del 2016.


USCIRE DALLA TRAPPOLA

La prospettiva di un futuro prossimo, dove ciascuna componente europea fornirà il proprio apporto al progetto di integrazione, dovrà anzitutto concentrarsi sul potenziamento delle politiche di coesione. Sfide contemporanee, di cui sentiamo parlare tutti i giorni, vanno accolte per affrontare la trappola ed eliminare il malcontento a lungo termine; è necessario investire nei sistemi di educazione, da unificare quanto più possibile a livello europeo, promuovere azioni concrete e quotidiane per rallentare il cambiamento climatico, e promuovere i sistemi di mobilità internazionale, per formare e stimolare una classe di giovani smarrita.

La Commissione Europea, nel novembre del 2023, ha lanciato la “piattaforma dei talenti”: si tratta di un dispositivo europeo per la valorizzazione e condivisione delle migliori pratiche europee, che funge da “centro di smistamento” per alimentare la cooperazione di risorse umane all’interno dell’UE; parliamo di una prospettiva fortemente innovativa, che si prefigge di moderare, anzitutto, la transizione demografica del continente.

Le regioni riceveranno gli strumenti necessari per trattenere i propri talenti, o accoglierne dei nuovi, per stimolare la crescita accademica e professionale degli europeisti del futuro.

Il blu tornerà a splendere nei cieli d’Europa?

Articoli Correlati

Labour’s post-Brexit strategy: closer to the European Union?

The EU's Struggle with Democratic Deficit and the Paradox of Rising Voter Engagement

Quo vadis? The European Union faced with Trump's re-election

Quo vadis? The European Union faced with Trump's re-election

Quo vadis? The European Union faced with Trump's re-election

The EU's Struggle with Democratic Deficit and the Paradox of Rising Voter Engagement

The EU's Struggle with Democratic Deficit and the Paradox of Rising Voter Engagement
bottom of page